1. Introduzione al contesto tecnico
La conservazione del patrimonio architettonico italiano, in particolare degli edifici storici, richiede strumenti diagnostici avanzati capaci di identificare precocemente criticità termiche senza interventi invasivi. La termografia, da sempre strumento fondamentale, oggi si affianca a piattaforme drone termiche integrate con algoritmi di machine learning, offrendo una soluzione non invasiva, ripetibile e scalabile. Gli edifici storici, con stratificazioni murarie complesse – pietra, mattoni, intonaci a calce, legno – presentano criticità termiche specifiche legate a porosità, degrado strutturale, infiltrazioni e dispersioni, che richiedono analisi dettagliate e contestualizzate. L’integrazione di sensori termici di alta precisione su piattaforme UAV consente il mappamento automatizzato di gradienti termici su superfici estese, mentre l’apprendimento automatico trasforma dati grezzi in indicazioni precise per interventi conservativi mirati. Contestualmente, il quadro normativo italiano, promosso da linee guida del Ministero per la Cultura e del CNR, incoraggia la digitalizzazione del patrimonio architettonico attraverso standard di digital twin e monitoraggio continuo, rendendo necessaria un’implementazione tecnica rigorosa e contestualizzata.
2. Fondamenti metodologici: droni termici e sensori per edifici storici
Scelta e calibrazione del sensore termico
La selezione del sensore è cruciale: i microbolometri a risonanza (fotonici STL, risoluzione termica < 50 mK, campo visivo 120°) garantiscono dettaglio spaziale e temporale essenziale per rilevare micro-dispersioni termiche in murature complesse. La risoluzione spaziale minima di 5 cm/pixel è obbligatoria per cogliere variazioni superficiali legate a umidità o degrado. La calibrazione deve avvenire in ambiente controllato con sorgenti radiometriche calibrate, seguendo la norma ISO 18434, e ripetuta in campo per compensare variazioni atmosferiche (umidità relativa, temperatura ambiente) che influenzano la precisione radiometrica. La correzione radiometrica post-acquisizione, tramite algoritmi di trasmissione atmosferica (MODTRAN), è indispensabile per eliminare artefatti termici indotti da vapore acqueo e particolato.
Configurazione del drone e parametri di volo
Piattaforme UAV multirotore stabilizzate con gimbal a 3 assi garantiscono voli ripetibili e immagini georeferenziate di alta qualità. L’altezza di volo ottimale varia tra 3 e 7 metri per bilanciare dettaglio termico e sicurezza strutturale; una velocità media di 3-5 m/s assicura immagini senza motion blur. La sovrapposizione frontale e laterale del 80% tra immagini consecutive permette la creazione di mosaici termici continui con precisione centimetrica. La pianificazione dei percorsi, effettuata con software GIS avanzati (QGIS con plugin Drone4Sun), integra dati topografici, planimetrie storiche e zone sensibili (es. affreschi esposti), definendo griglie con passo di 0,5–1 m per copertura completa. I voli sono programmati in condizioni meteorologiche stabili (umidità < 70%, assenza di vento > 10 km/h), rispettando le normative ENAC e le certificazioni CAS, con verifica di spazio aereo e autorizzazioni specifiche per siti culturali.
Pianificazione del volo e acquisizione georeferenziata
L’integrazione di dati BIM storici e modelli 3D pre-esistenti permette di allineare il volo ai punti critici strutturali (giunture murarie, ponti di legno, zone con intonaci spessi). I punti di controllo ground truth (GPS RTK con precisione sub-decimetrica) vengono distribuiti lungo il percorso per la georeferenziazione accurata, con un coefficiente di correlazione RMS < 10 cm tra coordinate drone e modello digitale. Le immagini termiche vengono acquisite in modalità termica a breve intervallo temporale (10-30 secondi tra riprese consecutive) per catturare dinamiche termiche diurnali, evitando interferenze da irraggiamento solare diretto. La raccolta multispettrale (termico + visivo) consente di correlare anomalie termiche a dettagli morfologici, fondamentale per evitare falsi positivi legati a ombre o riflessi.
3. Fasi operative per la rilevazione automatica delle anomalie
Fase 1: Pianificazione e pre-acquisizione del sito
Fase preliminare critica: analisi dei dati storici archivistici (mappe catastali, relazioni di conservazione ISTAC-IT) per identificare zone a rischio (murature antiche, ponti, soffitti a cassettoni). Si definiscono i percorsi di volo ottimizzati con software GIS, integrando dati topografici, planimetrie storiche e vincoli ambientali (zone protette, altezze massime), con simulazione del campo visivo e copertura del 95% dell’area. La verifica con ENAC garantisce conformità normativa UAS (massima altitudine 120 m, distanza da persone < 50 m), mentre la consultazione con architetti conservatori definisce soglie contestuali per l’analisi termica (es. soglia di dispersione delta T > 3°C in murature esterne).
Fase 2: Acquisizione termografica automatizzata
Prima della volata, il sensore termico (es. FLIR E86, 160×120 pixel, 50 mK) viene calibrato in laboratorio e in campo con sorgenti calibrate. Il drone esegue il volo lungo percorsi predefiniti, registrando immagini termiche a 10 fps con geotagging preciso (GPS + IMU). Si adottano protocolli di ripetibilità: ripetizione dello stesso percorso in condizioni termiche identiche (ΔT < 2°C) per garantire comparabilità nel tempo. La raccolta multispettrale (termico + RGB) arricchisce il dataset per il training dei modelli ML, con dati sincronizzati in formato GeoTIFF e CSV.
Fase 3: Pre-elaborazione e analisi automatica
Le immagini grezze passano attraverso pipeline di correzione radiometrica (software FLIR Thermal Studio) e rimozione artefatti atmosferici (modelli MODTRAN). Segmentazione automatica delle superfici con U-Net addestrata su dataset di edifici storici (ISTAC-IT), che identifica murature, intonaci, decorazioni e zone critiche. Si applica un filtro di smoothing adattivo per ridurre rumore senza perdere dettaglio, seguito da estrazione di feature termiche: area di dispersione (δT > 3°C), intensità delta T, forma geometrica dell’anomalia (circularità, asimmetria). L’analisi statistica identifica outlier tramite deviazione standard spaziale (SD > 2σ), con thresholding dinamico basato su umidità relativa locale e irraggiamento solare.
Fase 4: Rilevamento e classificazione automatica
Modelli ML supervisionati, addestrati su dataset di edifici storici (ISTAC-IT, 20.000 immagini), riconoscono pattern di dispersione: micro-fessure, zone di umidità nascosta, degrado intonaccia. Un modello ibrido combina reti neurali convolutive (CNN) per riconoscimento pattern con classificatori basati su soglie termiche dinamiche (ΔT = 3±0.5°C), riducendo falsi positivi. Filtri contestuali escludono anomalie in zone ombreggiate o con riflessi specular (es. stucchi lucidi). L’output include mappe di calore georeferenziate con livelli di severità (basso, medio, alto rischio), associate a metadati (data, ora, condizioni ambientali).
Fase 5: Validazione e reporting specialistico
I risultati vengono cross-validate con ispezioni visive su campo (termocamere portatili) e campionamenti con sonde termiche a contatto (precisione ±0,2°C). La generazione di report include mappe termiche GIS integrate con modelli BIM 3D (IFC), prioritarizzando interventi su zone con dispersione > 8°C e severità elevata. Le analisi di rischio strutturale (basate su ISO 15652) guidano la pianificazione conservativa, con indicazioni su materiali compatibili e tecniche non invasive.
Errori comuni e come evitarli nell’implementazione italiana
Sovrastima della precisione termica in condizioni variabili
Errori frequenti derivano da misurazioni senza correzione ambientale: un aumento dell’umidità relativa del 10% può alterare la lettura termica di 1-2°C, causando falsi allarmi.